HONDA XL600V TRANSALP

La moto totale

Quando tutti si aspettano la replica della NXR750V più volte vincitrice della Parigi-Dakar con Neveu, Honda presenta la Transalp. Accolta con scetticismo, diventa invece un best seller che riscrive il modo di fare turismo e l’off-road poco impegnativo.

Alla vigilia del Salone di Parigi del 1986 c’è molta attesa fra gli appassionati perché si dice che la Honda voglia presentare un nuovo modello da enduro “ispirato” dai raid africani.

Al progetto sta lavorando da tempo Hervè Guio - Direttore generale della Honda France nonché responsabile marketing di Honda Europe - e fra la primavera e l’estate alcuni prototipi sono stati avvistati in giro per l’Europa.

Alla fine di ottobre, tra lo stupore generale, arriva invece la XL600V Transalp.

Una moto che introduce nuovi concetti di polivalenza e versatilità, ma che non ha alcun legame con il deserto. Della NXR750V la Transalp riprende solo l’idea del bicilindrico a V e vagamente il look, caratterizzato da un grosso cupolino fissato al serbatoio e raccordato ad una enorme piastra paramotore. Il resto della moto unisce invece elementi tipici delle e delle moto stradali.

La Transalp nasce dal lavoro di squadra fra il reparto R&D di Asaka e Honda Europe, ma è Guio, alla ricerca di una moto per tutti i mercati, a spingere per la sua realizzazione.

I compiti vengono subito assegnati: in Giappone ci si occupa della progettazione del motore e della ciclistica e in Europa di tutto il resto, con l’ingegner Masaru Matsuhashi, nominato Large Project Leader del nuovo modello, a tenere i contatti fra i due gruppi di lavoro

Il telaio a doppio trave laterale in tubi di acciaio a sezione rettangolare e le sospensioni Showa sono piuttosto convenzionali, così come il motore.

Il bicilindrico a V di 52°, con distribuzione monoalbero a camme in testa comandata da catena silenziosa sul lato sinistro, è dotato di raffreddamento a liquido, doppia accensione ad anticipo variabile e tre valvole per cilindro (due di aspirazione e una di scarico), ma deriva dal vecchio stradale VT500 aumentato di cilindrata e ne conserva la particolarità delle teste di biella sfalsate di 76° sull’albero per eliminare le vibrazioni di primo ordine senza ricorrere ad un contralbero di bilanciamento.

Mentre in Giappone si lavora sulla meccanica, Guio mette a frutto la sua ventennale esperienza nel mondo del marketing per dare un nome alla nuova motocicletta da affiancare alla sigla XL600V già stabilita per il modello.

A suggerire Transalp è un’agenzia pubblicitaria francese, che riprende il nome di un vecchio rally-tour motociclistico organizzato negli anni Settanta dall’Austria fino alla Costa Azzurra.

“La parola Transalp deve identificare una moto capace di viaggiare senza problemi sui passi alpini –affermerà Guio al momento della presentazione - una enduro stradalizzata capace di muoversi liberamente fra i tornanti di montagna, ma anche sulle strade sterrate e in autostrada.”

Inizialmente, per assecondare il desiderio degli ingegneri di Asaka, il prototipo della Transalp ha forme legate alle maxi-enduro degli anni Ottanta

Serbatoio piramidale di grande capacità

Grossi convogliatori laterali che si estendono quasi oltre l’asse del cannotto di sterzo

E una piccola mascherina portafaro sulla forcella che ricorda la gamma delle monocilindriche Enduro della serie XL.

Honda France, ma anche Honda Italia nella figura di Silvio Manicardi, vogliono invece qualcosa di più innovativo che colpisca gli appassionati ed affranchi la Transalp da quanto si può trovare sul mercato. E alla fine sono gli europei a spuntarla.

Fra la primavera e l’estate del 1986 dopo lunghi studi in galleria del vento prende forma l’inedito cupolino protettivo solidale al serbatoio che copre parzialmente il motore e integra anche gli indicatori di direzione.

L’ingegner Matsuhashi, dopo aver visionato ed approvato tutte le parti della carrozzeria, nel mese di luglio approva il preventivo di quaranta milioni di yen e autorizza la produzione.

Quando la XL600V Transalp arriva sul mercato non tutti i commenti sono positivi. Ma al di là del giudizio estetico, l’impressione è comunque buona. Viene apprezzata la protezione offerta dalla carena in caso di maltempo, così come la posizione in sella, l’ergonomia e la precisione dei comandi al manubrio e a pedale, ma soprattutto la versatilità. La Transalp è a suo agio sulle strade di montagna, dove è superiore a qualsiasi granturismo di pari cilindrata, mentre in autostrada non ha nulla da invidiare alle granturismo stradali. Nonostante la presenza di manubrio alto e paramani, non ondeggia alle alte velocità e risulta stabile anche nei curvoni più impegnativi.

Il bicilindrico è silenzioso, vibra pochissimo e ha una erogazione molto fluida. Il cambio a cinque marce ha solo qualche piccola indecisione in scalata, ma ha innesti precisi favoriti anche dalla breve corsa del pedale e una rapportatura piuttosto corta per avere una guida brillante nei tratti misti o di montagna.

I timori di un insuccesso vengono spazzati via dai dati di vendita (10.000 esemplari nei primi mesi di commercializzazione) e a poco più di un anno di distanza la Honda rilancia. Per accontentare gli appassionati che sognano la replica della NXR750 dominatrice della Parigi-Dakar, nel 1988 arriva anche l’Africa Twin 650. Un modello esteticamente molto simile alle moto impegnate nei raid africani che con la Transalp condivide il motore, il telaio e l’impianto elettrico.

Dopo quasi tre anni dalla sua presentazione la Transalp nel 1990 viene aggiornata in pochi dettagli: cambia la strumentazione, viene montato un cupolino più alto e protettivo e vengono migliorate le sospensioni.

Ci sono anche due nuove colorazioni bicolori: blu/bianco e rosso/bianco. Quello che invece resta identico è il freno a tamburo posteriore, che verrà finalmente pensionato solo con l’arrivo della terza serie della XL600V.

A riprova che il progetto è ben riuscito e in anticipo sui tempi, anche la nuova versione del 1991 presenta solo dei piccoli affinamenti rispetto alle precedenti ma nessun intervento radicale. Il più importante è appunto l’adozione del freno a disco posteriore (fisso, da 240 mm, servito da una pinza flottante).

Per l’occasione viene sostituito anche quello anteriore - sempre dello stesso diametro ma con una diversa foratura e più spesso di 1 mm - e la pinza a doppio pistoncino contrapposto. Immutate le sovrastrutture, cambiano le colorazioni - con l’aggiunta di una nuova versione bronzo/panna che ha il motore color alluminio anziché verniciato di nero - assieme a grafiche più al passo con i tempi. Cambia invece la strumentazione, con un cruscotto di maggiori dimensioni e una diversa disposizione delle spie di servizio, assieme al trasparente del cupolino, più alto di sei centimetri.

Nel 1994 arriva la prima rivisitazione estetica, con un cupolino più affusolato e meglio definito aerodinamicamente che manda definitivamente in pensione le forme originali del 1987.

Caratteristiche tecniche

Motore: bicilindrico a V longitudinale con i cilindri inclinati fra loro di 52°, raffreddamento a liquido. Alesaggio per corsa 75x66 mm, cilindrata 583,2 cc. Rapporto di compressione 9,2:1. Distribuzione monoalbero a camme in testa con tre valvole per cilindro (due di aspirazione e una di scarico) comandate da catena silenziosa. Diagramma di distribuzione: aspirazione 10-40°, scarico 40°-10°, gioco valvole a freddo aspirazione – scarico 0,10 mm.

Lubrificazione: a carter umido con pompa trocoidale di mandata e recupero. Capacità coppa 2,4 litri, sostituzione olio ogni 12.000 km.

Alimentazione: due carburatori Mikuni tipo FOA a depressione con diffusore da 32 mm di diametro. Getto max 128 cilindro anteriore e 130 cilindro posteriore, getto minimo 38. Capacità serbatoio carburante 18 litri, di cui 3,5 litri di riserva.

 Accensione: elettronica CDI con due candele per cilindro NGK DPR8EA-9, Champion RA2HC o ND X24EPR-U9. Distanza fra gli elettrodi 0,9 mm. Anticipo fisso 10°, anticipo massimo 30°.

Impianto elettrico: a 12 V. Batteria da 12V-12Ah e generatore da 350 KW a 5.000 giri/min. Lampada faro allo iodio H4 60/50W. Avviamento: elettrico.

Trasmissione: primaria a ingranaggi a denti diritti, rapporto 1,888 (68/36). Secondaria a catena, rapporto 3,133 (corona 47, pignone 15 denti).

Cambio: a cinque rapporti. Valori interni: 2,571 in prima; 1,778 in seconda; 1,381 in terza; 1,125 in quarta; 0,961 in quinta.

Frizione: a dischi multipli in bagno d’olio con comando a cavo.

Telaio: a doppio trave laterale in tubi di acciaio a sezione rettangolare. Inclinazione cannotto di sterzo 28°. Avancorsa 108 mm.

Sospensioni: anteriore forcella oleopneumatica con steli da 41 mm di diametro ed escursione 200 mm. Posteriore forcellone oscillante in acciaio a sezione rettangolare con ammortizzazione progressiva a sistema Pro-Link e monoammortizzatore tele idraulico Showa regolabile nel precarico molla, escursione ruota 190 mm.

Ruote: ruote a raggi tangenziali con cerchi in lega leggera anodizzati. Anteriore da 21” e posteriore da 17”.

Pneumatici: anteriore 90/90- 21”, posteriore 130/90-17”.

Freni: anteriore a disco fisso forato da 276 mm di diametro con pinza flottante a doppio pistoncino fissata al fodero sinistro della forcella. Posteriore a tamburo monocamma da 130 mm di diametro.

Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza massima 2.265, interasse 1.530, larghezza massima 865, altezza massima 1.265, altezza sella 850, luce a terra 214. Peso a vuoto 174 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza max 55 CV a 8.000 giri; coppia max 5,4 kgm a 6.000 giri.