Takahide Miyata - L'Uomo che salvò Montesa

Parte 2

I percorsi industriali di crescita di Honda e Montesa sono stati molto simili in termini di progresso tecnologico e sfide agonistiche, e ci sono molte similitudini anche nella direzione di sviluppo prodotto. Macchine agricole a motore, kit di montaggio motori come materiale didattico e motori nautici fuoribordo sono linee di prodotto comuni, più altro ancora che Honda non aveva commercializzato, come i motori per carrelli. Non credo di esser l’unico a vedere nella crescita Montesa la stessa filosofia di Soichiro Honda: impiegare il motore a beneficio della società.

Per Montesa, i problemi di qualità e la mancanza di un metodo per affrontarli, causarono la graduale stagnazione delle vendite, culminata negli anni ‘80. Visitando i fornitori Montesa, avevo capito quale fosse la causa principale – lo scadente controllo qualità – ma ormai era troppo tardi. In Spagna e in tutta Europa, le case motociclistiche producevano internamente solo le parti principali (a volte neanche quelle!) e selezionavano la maggior parte dei pezzi da montare dai cataloghi di fornitori esterni specializzati. Questi ultimi, quando li visitavo in Spagna, li scoprivo con siti produttivi ricavati a volte in scantinati, poco illuminati, con pavimenti sporchi e persino con macchine utensili mal disposte o su piani inclinati. Mancavano le "5 S".

Totale assenza delle 5S

Seiri – Ordinare, eliminando le cose inutili.

Seiton – Organizzare, mettendo ogni cosa al suo posto.

Seiso – Pulire, ispezionando il luogo e gli strumenti di lavoro.

Seiketsu – Standardizzare, definendo regole per mantenere ordinato, organizzato e pulito il luogo di lavoro.

Shitsuke – Sostenere nel tempo, incoraggiando il personale a disciplina e rispetto delle regole.

“Mancando le regole base per un controllo qualità, il declino dell’intera industria spagnola è stato inevitabile. Nell’industria e nello sport. Nel 1979 Honda aveva ingaggiato Eddy Lejeune, un’adolescente di 16 anni che nel 1980 vinse il suo primo titolo nazionale belga, e il suo primo campionato mondiale nel 1982. Lo dominò poi per altre due stagioni. In quel periodo non ero coinvolto nello sviluppo delle moto HRC da trial, ma con mia sorpresa (me ne ero dimenticato) ritrovai la mia firma sui disegni del motore RTL360 che divenne campione della categoria. Dimostrata la competitività di una 4 tempi nel mondiale trial, raggiunti i suoi obiettivi, la Honda dal 1985 lasciò le moto in prestito a Lejeune per ritirarsi completamente a fine 1987. Proprio quando arrivò il mio ordine di trasferimento in Spagna.

Nel frattempo le tecniche di guida si aggiornavano insieme alle moto. Era arrivato il momento delle italiane da trial, ispirate dal team Honda HRC e Lejeune, per strutturare i loro team.

Montesa e l’industria spagnola, rimasta vincolata alla vecchia atmosfera familiare e a tecnologie superate, non sono riuscite a tenere il passo. Con la crisi economica, le scorte invendute e i debiti, fu ridotto al minimo anche lo sviluppo dell’attività agonistica.

Con l’ingresso di Honda in Montesa, il miglioramento della qualità di produzione è stato attuato con personale specializzato trasferito dallo stabilimento di Suzuka, mentre era mia diretta responsabilità guidare i fornitori esterni. L’approvvigionamento delle parti doveva essere nazionale almeno per il 60%, secondo la legge spagnola. Per la sopravvivenza in produzione dei 5 modelli, anche se la decisione finale spettava al consiglio di amministrazione Montesa, la scelta su quali progetti continuare spettava solo a me. In quel momento alla Montesa si producevano la Enduro H7 360cc, la Impala II 175cc, la Cota 335, la Cota 307 e la Cota 125.

I modelli motocross si erano già estinti e dovevo fare conto su queste cinque. La Enduro aveva ancora un piccolo mercato per gli ordini a lotti della Guardia Civil. La Impala 175 era il simbolo Montesa, si vendeva ancora per 3mila unità/anno ma era assemblata con molte criticità: tanti bulloni passanti, fissaggi mediante fascette, variazioni a seconda dell’operatore. In generale non tutti gli esemplari potevano esser spediti appena usciti dalla catena di montaggio. Erano necessari vari esperti per l’ispezione finale, che rismontavano il serbatoio da ciascun esemplare per controllare le condizioni del cablaggio ed eseguire un percorso prova in fabbrica per verificare il serraggio delle viti, riducendo le lacune. Sistema completamente diverso dalle produzioni Honda, quando il veicolo può esser subito spedito dopo la rapida ispezione di fine linea.

Dopo un mese di valutazioni, convocai una riunione coi vertici aziendali per discutere sulla sopravvivenza dei modelli.

Per la Enduro H7, considerando la bassa frequenza degli ordini, le minime quantità, l’onere di mantenere lo stoccaggio di ricambi necessari e la manutenzione degli impianti, sarebbe stato inappropriato mantenere la produzione. Come alternativa proposi l’importazione della serie Honda XR e la realizzazione di versioni specializzate per le forze di sicurezza.

La Impala invece era simbolica e con volumi di vendita da non ignorare. Ma il design era vecchio e le variazioni di assemblaggio costavano riparazioni e aggiustamenti per mantenere la qualità. La Montesa non disponeva di un sistema di sviluppo in grado di evolvere autonomamente e migliorare la Impala. Quindi era meglio cessare la produzione.

Le tre Cota invece meritavano di rimanere in produzione perché erano la tradizione Montesa. Ma erano necessari miglioramenti significativi per competere, che la Montesa non era in grado di apportare per tipo di tecnologia e fornitori. Quindi proposi di considerare una cooperazione tecnica con la Honda.

Un risultato piuttosto duro per il management Montesa di allora. Ma il presidente Sakata mi aveva già anticipato l’intenzione della direzione centrale giapponese di eliminare tutti i modelli Montesa, che era stata condizione preliminare all’accordo fra le due Case. Quindi, nonostante il rammarico per la Impala, i vertici Montesa riuscirono a convincere il consiglio di amministrazione spagnolo che era meglio guardare al futuro dei soli modelli trial.

Terminata la produzione Impala con l’esaurimento delle scorte di parti, cominciai a pensare alla rinascita del Montesa Trial Team, quello che è diventato poi Repsol Honda Team. Partendo dalle caratteristiche dei tre modelli da salvare, che avevano motori progettati almeno vent’anni prima e si riteneva che non avessero un albero motore abbastanza rigido e con la giusta massa inerziale. L’unico rimedio era disegnare un motore completamente nuovo. Il Cota 125 risaliva al 1972 e quello Cota 307 derivava dal 250 del 1967.

Quindi per evitare la bancarotta, nel piano di salvataggio del governo catalano era stata costituita la joint venture con la Honda, grazie alla mediazione del governo giapponese. Nel frattempo la maggior parte degli addetti Montesa aveva cercato opportunità diverse e quando arrivai a Barcellona – nel giugno 1987 – erano rimasti appena sette dipendenti, che si dedicavano solo alle ispezioni e correzioni dopo la linea di montaggio. E fra questi sette, il solo Miguel Cirera era incaricato dal direttore di stabilimento di lavorare su qualche prototipo. Cominciai a lavorare con lui, cercando di strutturare un reparto di ricerca e sviluppo indipendente e separato dall’edificio della fabbrica per la produzione. Era cominciata la rinascita di Montesa”.