Takahide Miyata - L'Uomo che salvò Montesa

Parte 3

“Avevo comprato una Impala 175 dell’ultimo lotto di produzione che, al mio ritorno in Giappone, aveva percorso 3.000 km. Una bella moto, divertente e maneggevole. Interromperne la produzione per concentrare le forze sui modelli da trial è stato un sacrificio doloroso. Quella Impala l’ho regalata alla famiglia Fujinami nel 2004, quando Takahisa vinse il mondiale trial.

Per tornare a vincere nel mondiale trial è stato necessario un lungo lavoro. Cominciato in un piccolo edificio separato dalla produzione. Lì è nato il reparto Ricerca & Sviluppo, con le macchine utensili e una sala prove dotata di un vecchio freno raffreddato ad acqua uguale a quelli che avevo trovato quando fui assunto alla Honda nel 1960. Il primo passo fu l’acquisto di una saldatrice per l’alluminio, e fui molto combattuto a chiedere quel piccolo investimento a una società che era sull’orlo del fallimento. Ma sarebbe stata necessaria per adottare in produzione i forcelloni in lega leggera. Serviva migliorare molte aree, e mi venne utile l’esperienza accumulata nel Supercross americano per migliorare la manovrabilità di cambio e frizione, e per trovare la giusta inerzia e bilanciatura dell’albero motore in modo da offrire al pilota la potenza immediata necessaria alle nuove tecniche di trial.

Per tutto questo lavoro avevo bisogno di aiuto senza pesare sul bilancio Montesa. Lo chiesi all’R&D Honda. Mandai un fax al direttore dell’Asaka Research Institute chiedendo un giovane ingegnere per un mese. Mi chiamarono al telefono: “Quando ti servirebbe?” e la mia risposta fu semplice: “Subito!”

Un mese dopo - era settembre 1987 - andai all’aeroporto di Barcellona ad accogliere Yushi Tanaka, che conoscevo di vista e di nome, ma con cui non avevo mai lavorato. Fui subito rincuorato quando mi spiegò che gli piaceva per hobby guidare e testare personalmente le trial. Per lui l’impatto nei primi giorni fu notevole. Anni dopo, Tanaka mi confidò che rimase molto perplesso scoprendo le arretratezze nei metodi di disegno e negli standard di classificazione. Anche la comunicazione era difficile perché nessuno sapeva l’inglese. Inoltre la terminologia tecnica in Spagna era un po’ francese, un po’ spagnola, un po’ italiana. E più nel privato trovò sorprendente vedere le turiste nord-europee in topless per abbronzarsi sulle spiagge catalane!

In tutti i casi i risultati furono immediati. Fin dal primo test in montagna, il nuovo cambio-frizione più rapido e preciso fece subito buona impressione. Così Tanaka tornò in Giappone soddisfatto, mentre in una gara locale di trial indoor mi resi conto personalmente dei miglioramenti. Se ne accorsero anche gli avversari: qualche gara dopo, Andreu Codina, allora pilota GasGas, mi venne incontro nel paddock mostrandomi il sacchetto trasparente con la campana frizione Honda CR125. Forse qualcuno della Montesa si era lasciato sfuggire il nostro piccolo segreto, ma l’ambiente e il paddock del trial spagnolo era così conviviale che risposi facendo con le dita il segno “OK”. Quando poi Tanaka tornò in Montesa col cambio modificato, Miquel Cirera fece subito un test. Cirera - storico Team Manager del Team Montesa Honda - era stato campione juniores e si rese immediatamente conto del miglioramento.

In quei mesi stava cambiando anche l’umore del team Montesa. C’era una diversa motivazione, stava nascendo la Cota 310, aggiornata con forcellone e telaietto posteriore in alluminio e si stava pensando anche di cambiare il mezzo di trasporto usato dal team. Il furgone della squadra era ormai troppo piccolo e piuttosto fatiscente, a pieno carico non raggiungeva neppure i 100 orari e d’estate senza aria condizionata si viaggiava male. Cirera era preoccupato per la spesa, allora io suggerii di coinvolgere i fornitori tecnici presentando i loro marchi, mentre io ne parlai col presidente Yujiro Kobayashi.

Un mese dopo Acerbis, Dellorto, Regina, Verlicchi e altri ancora ci promisero una sponsorizzazione economica, così per il campionato 1989, viaggiammo comodamente con un nuovo camion personalizzato coi grandi adesivi dei nostri fornitori.

Fu la stagione in cui cominciammo a pensare alla prima Montesa con telaio in alluminio e motore raffreddato ad acqua. Per il telaio stavamo lavorando con Verlicchi, ma per progettare il motore non avevo abbastanza personale e risorse economiche. Così allo staff diedi un mio schizzo per modificare il motore esistente saldando sul carter la pompa del motore Honda MBX80. Da quel momento - novembre 1990 - cominciammo il lavoro di sviluppo su cilindri e testate raffreddate ad acqua. A dicembre, quando il motore era ormai pronto per il primo test al banco, fui richiamato in Giappone. Il mio lavoro alla Montesa-Honda era terminato. Avrei voluto vedere il risultato di tutto quello sviluppo. Vedere il motore al banco. Ascoltare i commenti dei piloti sul telaio in alluminio. Ma non ho avuto il coraggio di sfidare gli ordini dell’azienda. Così, preparati i bagagli, a gennaio 1991 presi l’aereo per Tokyo.

Non sapevo che avrei avuto ancora modo di seguire - da lontano - le evoluzioni di quel progetto. Il 12 gennaio iniziavo il mio nuovo incarico alla HRC: responsabile tecnico ufficio progettazione motori per tutte le specialità sportive. Prima di ripartire per il Giappone, avevo lasciato ai ragazzi della Montesa un rapido disegno per trasformare cilindro e testata coi necessari passaggi acqua e mi ero commosso fino alle lacrime. E mi sono commosso ancora quando Miquel Cirera mi mandò le foto del prototipo realizzato a mano.

Mi chiedevo se quel basamento, progettato oltre 20 anni prima, fosse ancora sufficiente. Se l’albero motore fosse abbastanza rigido e la trasmissione robusta. Avevo già sollecitato la progettazione di un nuovo motore Honda, per poter sviluppare poi un modello gemello Montesa, e Shizou Kono, direttore all’Asaka Research Institute, sapeva dei limiti sia del motore spagnolo che del motore Honda TLM raffreddato ad aria. Alla HRC quindi c’era la possibilità di progettare finalmente un nuovo motore da trial.

Avevo disegnato e progettato per tutta la vita fino al trasferimento in Spagna, e ricominciare a farlo dopo 5 anni fu traumatico. Perché invece che davanti al tecnigrafo, mi sono ritrovato davanti ai monitor del mio team di progettisti, e non riuscivo a scovare incongruenze ed errori osservando un disegno sullo schermo. Avevo sempre bisogno di una copia stampata. Ma con quel progetto congiunto fra HRC (motore), Montesa e Verlicchi (telaio in alluminio), ho potuto mantenere la promessa fatta ai ragazzi di Montesa al mio arrivo in Spagna. Dopo l’ultimo titolo mondiale di Ulf Karlsson nel 1980, Montesa riconquistò la vetta con Marc Colomer nel 1996 e la Cota 315R, gettando le basi per il dominio con Doug Lampkin e Toni Bou. Ed io finalmente mi sentii sollevato. Avevo mantenuto la promessa fatta a Barcellona dieci anni prima. Eravamo tornati a vincere”.