Hornet 600F. Una mutanda per il Calabrone

Hornet: in inglese significa calabrone ed ha segnato uno dei grandi successi nella scena di fine anni ‘90. Tutto nasce dalla volontà di proporre – per il solo mercato domestico – una nuova naked nella cilindrata più popolare e accessibile per gli appassionati giapponesi.

La Hornet dev’essere una 250 destinata solo a loro e il progetto viene assegnato a un ingegnere emergente, capace, a sua volta particolarmente appassionato. Siamo a metà anni ‘90, e Kunitaka Hara sta diventando noto come Mister Naked. Il motivo? Poco prima ha sviluppato la nuova CB1000, ennesima reincarnazione delle prime CB Four a quattro cilindri. L’incarico della Hornet è altrettanto importante. 

Siamo in pieno Anni '80, il mercato domestico della 250 ribolle di continue proposte perché la sfida fra le Quattro Giapponesi è agguerrita. Alla Honda si pensa a un incrocio allettante. Unire la sobria eleganza delle tradizionali CB250 con le super prestazioni della CBR250, una 4 cilindri carenata e velenosa da 45 CV a 15mila giri. In pratica una mini Fireblade.

La Jade nasce così (1986) e in Giappone tiene botta con risultati discreti. Ma all'inizio dei '90 il mercato cambia ancora. Ai concessionari serve qualcosa di più incisivo. I biker giapponesi sognano modelli e naked più sportive.
L’ingegner Hara sa cosa vuole il pubblico. Lui è uno di loro, ama le moto senza compromessi ma Hara-san questa volta deve rispettare limiti di budget e costo/produzione molto severi. Sceglie quindi un telaio molto semplice da realizzare, un monotrave superiore in acciaio, e cerca un colpo ad effetto. Qualcosa per eccitare la fantasia dei giovani sportivi. Decide di montare sulla piccola Hornet 250F la ruota della Fireblade e un gommone da 180/55 come hanno tutte le 1000 supersportive.

L'idea funziona. La Hornet 250 assume una “presenza” sconosciuta alla Jade, promette pieghe da pista e anche il centro stile hanno le idee chiare. Fanno la loro parte. Koji Mizuta firma lo sketch definitivo e con l’amico Toshiaki Kishi si definiscono i dettagli di una moto decisamente più dinamica. La larghezza della ruota posteriore esalta la snellezza del "girovita", nella zona fra sella e serbatoio. L'intuizione giusta si ispira alle mutande di un tempo. Si chiamano Fundoshi, sono il tipico indumento intimo antico di uomini e donne giapponesi. Dopo l'americanizzazione del lifestyle giapponese seguente alla fine del secondo conflitto mondiale - quando arriva la prima biancheria elasticizzata - le Fundoshi diventano il costume da combattimento - snello e robusto noto nel sumo come mawashi - e il concept dello stile Hornet (che Kishi applicherà anche alla SLR650 monocilindrica).

Il mono-frame del prototipo viene ribatezzato internamente Fundoshi-frame e viene completato col pepatissimo 4 cilindri derivato dal modello precedente. Il risultato piace subito: a collaudatori e dirigenti, anche quelli occidentali. A Mark Davies e Roland Berger, allora ai vertici di Honda Europe e Honda R&D Germania, basta un’occhiata al gommone posteriore per intuirne una naturale derivazione. Una versione 600 col motore della CBR/RR sarebbe perfetta. Sulla stessa linea anche un giovane ricercatore. Daniele Lucchesi fresco di assunzione il 12 agosto 1996 entra in ufficio alla Honda per la prima volta, sfoglia una rivista giapponese, vede la foto della Hornet 250 e rimane a bocca aperta. Entra nell'ufficio del capo giapponese e domanda: "Cosa aspettiamo a portarla in Europa?".

Il sorriso per rispondere all'entusiasmo di Lucchesi – sarà padre di molti concept vincenti fra cui l'X-ADV 750 - è solo un cordiale anticipo. La Hornet 600F si concretizza un anno dopo e quando arriva al Salone di Parigi (1997), il successo è travolgente. È la star della kermesse francese e diventa subito la prima della classe. Una categoria dominata fino a quel momento da Suzuki Bandit e Ducati Monster 600.

Basta il primo anno e i numeri di produzione sono così elevati da rendere conveniente la produzione in Europa. Nello stabilimento di Atessa, all’inaugurazione il capoprogetto Hara-san festeggia con Vito Cicchetti, lavoreranno insieme a tanti altri successi commerciali.

Dopo varie generazioni - tutte di successo! - la Hornet torna nelle concessionarie disegnata da Giovanni Dovis e sviluppata dal team diretto dall’ingegner Masatoshi Sato. Che l’ha voluta col potente bicilindrico di maggior cilindrata (750), condiviso con la altrettanto nuova Transalp. Ma questa è un'altra storia.