Honda V4 e Suzuka 1985

V4 o 4L? Cilindri a V o in linea? Configurazioni che dividono tecnici e appassionati. Che fanno discutere. Che spesso rappresentano l’immagine tecnica di un periodo.

Honda le ha affrontate entrambe. Vincendo e perdendo con entrambe. Nelle corse e nei mercati. Soichiro Honda preferiva i 4L. Takeo Fukui ama i V4. Presidente Honda (6° generazione) e primo presidente HRC, Fukui ha sempre sostenuto i V4, dalla NR a pistoni ovali e tutta la genesi delle RVF e VFR, e poi RC212 800 MotoGP. Una storia iniziata molto tempo fa. Per le classiche di endurance che hanno concentrato le attenzioni Honda per lo sviluppo dei motori 4T. Prima che la 500 si trasformasse in MotoGP, tutte le Case giapponesi si sono impegnate in queste sfide, secondo i regolamenti Endurance, F1 e SBK.

Un’evoluzione che in Honda era iniziata persino prima della genesi di Honda 500 due tempi. Honda non era ancora rientrata nel Motomondiale e la HRC ancora non esisteva. Il reparto corse si chiamava RSC, con un’attività piuttosto marginale a supporto delle vendite. Si correva con dei motori derivati dai 4L CB 750 Four e il successivo DOHC (doppio albero a camme) CB900 Bol d’Or. A Daytona 200Miles, nel mondiale Endurance, al TT di Man. E a Suzuka, dove nel 1978 si disputa la prima 8 Ore. In poche edizioni Suzuka polarizza l’interesse degli appassionati giapponesi. Diventa fondamentale.

La Honda CB900F Bol d’Or ha recuperato bene le vendite, ma la battaglia commerciale è aspra. Si riflette nei circuiti e Ikuro Shimizu – responsabile marketing - è preoccupato. Riflette su un’opinione raccolta durante il lancio della CB900F. Shimizu prende nota delle parole di un giornalista americano:

Se si cambia il marchio di una moto giapponese, non si può riconoscere quale modello sia!”

È una scintilla che innesca riflessioni e l’inevitabile decisione per distinguersi dalla concorrenza giapponese. Il reparto corse è impegnato sulla NR500 V4 a pistoni ovali ma serve una moto diversa, una V4 per vincere nelle gare di durata.

La RS1000WS (codice di progetto FWS) debutta presto. È il 1982 ed è la prima Honda V4 a pistoni tradizionali: 165kg per 151,2CV a 11mila giri, 1024cc (alesaggio e corsa 78x53,6mm). È la bisnonna delle attuali MotoGP, un prototipo costosissimo, tanto potente da mettere in crisi i pneumatici. Baldwin vince il campionato F1 AMA ma a Daytona ‘82 il colpaccio non riesce. Baldwin e Spencer sono veloci, se la giocano con Roberts e Lawson che guidano le grosse due tempi. Ma in gara la Honda V4 deve cambiare pneumatici più spesso degli avversari. La federazione intanto si rende conto che la situazione sta sfuggendo di mano. Moto così potenti potrebbero eclissare la classe regina – i GP500 pienamente controllati dalla FIM – e ci si interroga anche sulla sicurezza. Si riduce la cilindrata a 850 e poi 750. Mentre Honda ha già deciso, entrano in produzione le prime VF750, presto seguite dalle versioni 250, 400, 500 e 1000.

Sì, è vero: Suzuka stava diventando la gara più importante della stagione. Progettavamo quel che volevamo. È stato il periodo più felice della mia vita.” Takeo Fukui

I ricordi di Fukui sono netti: stava traghettando la Honda attraverso le sue sfide tecniche e sportive, ammirando il suo pilota preferito: Freddie Spencer. Del quale conserva religiosamente il casco. Dopo la RS1000RW e la RS850 (codice di progetto NC9), per il mondiale Endurance 1984 c’è la RS750R (ND6A) e nell’85 debutta la RVF750 (NW1A). Il regolamento FIM le chiama F1, devono essere 750 4T, e sta incubando il mondiale SBK forse senza saperlo. Ma alle case giapponesi interessa soprattutto Suzuka.

A scatenare il reparto corse HRC e HGA (reparto esperienze) non è una sconfitta. È la vittoria di Suzuka 1985. Nei mesi prima le due grandi giapponesi stanno vivendo un momento particolare. Yamaha sta reagendo e ha dichiarato guerra alla Honda per la supremazia sul mercato nipponico. Per la 8 Ore 1985 annuncia un dream team: a fianco di Tadahiko Taira ha richiamato dal ritiro di due anni prima addirittura Kenny Roberts. L’americano è ancora velocissimo. Sigla la pole, segna il record del circuito, poi nella partenza stile LeMans spegne il motore e dopo aver fatto spolmonare il meccanico per spingerlo parte ultimo… e rimonta. Quando entra ai box per il cambio guida è secondo, tocca a Taira che passa in testa. Guidano la gara fino a mezz’ora dalla fine. Poi il ritiro. La Honda RVF750 sta inseguendo, Wayne Gardner ha rifiutato l’ultimo cambio guida al più lento compagno Masaki Tokuno e disidratato resiste, guidando di notte con la visiera scura. All’arrivo in parco chiuso viene soccorso con l’ossigeno ma la gara è vinta. Fukui l’ha seguita dai box ma sa che nella saletta VIP ci sono i presidenti Kawashima (2° generazione) e Kume (3° generazione). Soichiro stesso s’informa. Fukui sa che senza il problema tecnico avrebbero vinto gli avversari. Sa che gli appassionati ne discutono in tutto il Giappone. L’onore HRC è salvo per la storica doppietta di Spencer, doppio campione mondiale in 250 e 500, ma a Suzuka si deve fare meglio. La reazione HRC è totale. In configurazione gara, la RVF per Suzuka 1986 viene evoluta profondamente. La potenza sale da 124,3 a 134,5CV senza cambiare alesaggio e corsa. Il peso della moto cala da 161,8 a 152,6kg e la ciclistica viene aggiornata col forcellone monobraccio, reinventato per velocizzare il cambio-gomme e collaudato nel 1985 sulla seconda moto HRC ufficiale. Fukui lo promuove su tutte le RVF750 e alla Honda stanno ultimando le prime vere race-replica del mercato.

Nel 1986 Honda presenta le VFR750 RC30 e VFR400 NC30 sul mercato interno. Nascono senza badare ai costi di produzione. Bielle in titanio, distribuzione a cascata d’ingranaggi, forcellone monobraccio. Lo stile è affidato al genio di Mitsuyochi Kohama e Toshiaki Kishi. Lasceranno un segno indelebile.